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Ci hanno giocato un brutto scherzo andandosene quasi insieme, a poche ore di distanza. Due grandi scrittori che per anni, con le loro trame e i loro ragionamenti, ci hanno fatto riflettere e pure divertire. Avevano molte cose in comune. Entrambi autori di libri di successo, sceneggiatori, registi. Il primo, Andrea Camilleri, papà del commissario più famoso d’Italia, Salvo Montalbano. Il secondo, Luciano De Crescenzo, papà del professor Gennaro Bellavista. I temi dell’amore e della libertà sono ricorrenti nei loro scritti. E ci hanno appassionato per molto tempo. Sarà difficile separarsi da due menti come quelle di Camilleri e De Crescenzo. Per fortuna ci hanno lasciato in eredità una serie di opere che dovremo leggere e rileggere per poter capire qualcosa di più della vita e dell’animo umano.

Una delle prime cose che mi sono venute in mente è: come faremo ora, senza il commissario più famoso d’Italia? Si, sono in lavorazione altri due episodi. Forse tre. Forse ne faranno altri, magari tratti dai racconti che ancora non sono stati tradotti in serie televisive. Eppoi ci saranno le repliche e le controrepliche. Prenderemo tempo.

E come faremo senza il professore filosofo che in un ascensore, a tu per tu con un malavitoso, fu capace di dire: “Sentite, a me questo fatto dei disoccupati che si muoiono di fame non m’ha mai convinto. Ai tempi miei non si contavano i disoccupati, si contavano gli occupati perché si faceva prima. Io certi alibi non li accetto. Conosco tanti disoccupati che si arrangiano, sì, ma non per questo vanno ammazzando la gente.” Il camorrista: “E chella è gente senza curaggio…”. De Crescenzo: “Voi invece siete coraggiosi. La notte mettete una bomba sotto una saracinesca, e vi sentite degli eroi. Magari o’ piano e sopra sta nu povero vicchiariello ca c’appizza a’ pelle… Ma a vuje che ve ne ‘mport, siete disoccupati, avete l’alibi morale. Siete napoletani e ammazzate Napoli. Eh già, perché ci sono i commercianti che falliscono, le industrie che chiudono, i ragazzi che sono costretti ad emigrare…Ah già, poi volevo dì un’altra cosa: ma tutto sommato, nunn’è che fate na vita ‘e merda? Perché penso io: Gesù sì, fate pure i miliardi, guadagnate, però vi ammazzate tra di voi, poi anche quando non vi ammazzate tra di voi, ci sono le vendette trasversali, vi ammazzano le mamme, le sorelle, i figli… Ma vi siete fatti bene i conti? Vi conviene?”.

Camilleri, invece, in “Una voce di Notte” si lasciò andare alla seguente considerazione: “L’italiani non amano sintiri le voci libbire, le virità disturbano il loro ciriveddro in sonnolenza perenni, preferiscino le voci che non gli danno problemi, che li rassicurano sulla loro appartinenza al gregge”.

In una scena del film ’32 dicembre, una data che non esiste, l’ingegnere, scrittore e regista, rivolgendosi a Benedetto Casillo e a Sergio Solli, due ottimi attori napoletani, affermò: “Il passato non è più, il futuro non è ancora. Il presente, come separazione tra due cose che non esistono, come fa ad esistere?”. De Crescenzo, per dare forza alla sua teoria, utilizzò il battito delle mani. “Potete fare un esempio di qualcosa che è accaduto in questo momento? Se io produco un rumore, si può dire che l’ho fatto adesso? No! Perché nel momento che tu lo pensi il rumore è già accaduto! Quindi il rumore è passato”.

Camilleri e De Crescenzo hanno ottenuto il successo meritato da ‘adulti’. Camilleri lo ricordava così: “Io sono stato povero e ho conosciuto il successo in tarda età. Tutto è arrivato tardi nella mia vita, e questa è una fortuna: mi sento come di aver vinto alla Sisal. Il successo fa venire in prima linea l’imbecillità. Se avessi ottenuto da giovane quel che ho oggi, non so come sarebbe finita. Non conosco il mio livello di imbecillità.”

Quanta saggezza nella storia di due filosofi. De Crescenzo, poi, ha approfittato del consenso ottenuto con il suo ‘Così parlò Bellavista’ per divulgare la filosofia come nessun altro avrebbe saputo fare. Lui si definiva un simpatizzante della filosofia. Diceva che i tre esseri umani più importanti per lui erano Fellini, Socrate e Gesù. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, e di apprezzarne le qualità.

Credo di aver letto come tanti altri una buona parte dei libri di Camilleri e di De Crescenzo. Li terrò conservati gelosamente nella mia libreria, e di tanto in tanto ne rileggerò qualcuno. Per stare bene con l’anima e con lo spirito. E sono convinto che insieme, nell’Aldilà in cui nessuno dei due credeva, scriveranno a quattro mani un testo dove il protagonista, rivolgendosi al pubblico di fronte, pronuncerà la frase: “Bellavista sono”.

Nell’immagine: Tuffatore, Tomba della Caccia e della Pesca, VI secolo a.C. Necropoli dei Monterozzi

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