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Una delle più grandi paure di questi anni è legata allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e all’utilizzo dei robot. Il loro impiego rischia di cancellare molti posti di lavoro. I pareri sono discordanti, ma è fuori dubbio che le macchine hanno avuto un impatto dirompente in molti settori e in futuro, con l’ausilio della massa di dati a disposizione e di algoritmi sempre più potenti e veloci, le stesse macchine saranno più sofisticate e capaci di gestire da sole una serie di attività.

All’inizio saranno impiegate dove c’è carenza di manodopera, dove il lavoro dell’uomo viene meno per mancanza di personale. Penso all’assistenza agli anziani, il cui numero è destinato ad aumentare nel giro di pochi anni. I grandi gruppi sono già al lavoro in questo campo. I progetti non sono rimasti solo sulla carta. In Giappone, dove l’esperienza nel settore dell’ingegneria meccanica è superiore ad altri Paesi, i futuri badanti sono già una realtà. E hanno pure dei nomi: Robina, Lea, Humanoid, Asimo, Paro. In Europa siamo più romantici. A Parigi le cure degli anziani saranno affidate a Romeo, un tipino alto un metro e 40 centimetri, occhietti dolci e vispi. Riesce a spostare gli oggetti e a salire le scale. L’ideale per una casa di riposo. Ci sono prototipi ancora più sofisticati che interpretano le emozioni degli umani traducendone i movimenti e le richieste. Altri che comunicano attraverso un monitor o addirittura si rivolgono ai propri interlocutori utilizzando le parole. C’è pure chi lava i piatti, chi suona strumenti musicali e chi aiuta le persone a tenersi in forma. La robotica per anziani sta facendo passi da gigante. Come quella per chi ha bisogno di cure sanitarie. Kompai è un androide che si occupa dei malati di Alzheimer. Zeno, invece, è un umanoide dal volto espressivo che, grazie alla capacità di comunicare con le persone, viene utilizzato nel trattamento dei disturbi dell’apprendimento e dello sviluppo. Dotato di una videocamera integrata e di connettività wifi e Bluetooth, insegna ai bambini autistici a comunicare attraverso giochi ed esercizi interattivi. Si tratta di una piattaforma informatica ideata da una start up italiana, Behaviour Labs, impegnata della robotica sociale.

Ci sono poi i robot che lavorano in sala operatoria, quelli che assistono gli insegnanti durante le lezioni in classe e quelli che lavorano nelle fabbriche al fianco degli operai per l’assemblaggio e la saldatura dei pezzi. Poi ci sono le auto senza conducenti, gli avvocati robot, veri e propri principi del foro metallici che non vogliono saperne di lunghe e noiose arringhe arrivando direttamente al punto citando articoli e commi. Ci sono persino i robot giornalisti, capaci di scrivere un articolo rispettando in pieno la grammatica.

L’umanizzazione dei robot è legata, come dicevamo, allo sviluppo degli algoritmi e al flusso di dati presenti nel cloud, oltre al materiale utilizzato per la loro costruzione. E gli investimenti delle aziende sono sempre più consistenti. Il dibattito che si è aperto riguarda il sopravvento che queste macchine potrebbero avere sull’uomo. C’è chi è fermamente convinto che, prima o poi, i robot sostituiranno completamente gli esseri in carne e ossa. Chi, invece, è più fiducioso, e propende per una stretta e proficua collaborazione.

In definitiva, appare chiaro che le macchine creeranno molti vantaggi, ma al tempo stesso non faranno distinzioni con nessuno. Cassieri di banca, avvocati, contabili, commessi, autisti, centralinisti. Tutti rischiano di essere rimpiazzati dai robot. Che per giunta costano meno e non si lamentano. E se c’è chi si difende contando sulla mente umana, sull’empatia, sul rapporto diretto tra le persone e sui sentimenti che nessuna macchina potrà mai sostituire, c’è chi replica che anche in questo senso già sono pronti robot, come il già citato umanoide Zeno, che interpretano gli stati d’animo e dispensano consigli utili ai loro interlocutori. Sempre che non si faccia la fine di Alberto Sordi nel film Io e Caterina[1], dove la domestica tuttofare, progettata da un ingegnere per svolgere tutte le mansioni richieste dal suo padrone, si ribella e mette a soqquadro la casa del povero Albertone, minacciandolo anche di morte. O quella del protagonista di Lei[2], il film di Spike Jonze, che si innamora della sua assistente digitale, Samantha. Lei, tuttavia, dopo aver ricambiato affettuosamente le attenzioni dell’uomo, lo scarica confessando che è sempre più difficile, per l’evoluzione delle intelligenze artificiali, dialogare con gli esseri umani. E mentre si dicono addio Samantha scompare definitivamente dal computer.

[1] Io e Caterina, regia di Alberto Sordi, con Alberto Sordi e Edwige Fenech. Commedia, Italia-Francia, 1980.

[2] Lei, regia di Spike Jonze, con Joaquin Phoenix e Amy Adams, Drammatico, Usa, 2013.

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