Devono passare circa trent’anni prima di celebrare un decennio. E’ già successo con gli Anni Sessanta, poi con gli Anni Settanta e gli Anni Ottanta. Ora, con un certo anticipo, è la volta degli Anni Novanta.
Articoli di giornale e libri si moltiplicano. E di cose da dire e da ricordare ce ne sono. Da Mani pulite, che provocò la fine di una classe politica, al crollo del muro di Berlino. Ma sono anche gli anni degli attentati di mafia, con l’uccisione dei giudici Falcone e Borsellino. Non c’erano i social network, i telefonini erano meno sofisticati e senza app e nell’Unione Europea entrava in vigore l’Euro, non ancora nella forma di contante.
Sono gli anni dell’addio a Freddie Mercury, leader dei Queen, e a tanti artisti italiani come Fabrizio De André, Mia Martini, Augusto Daolio, leader dei Nomadi, Ivan Graziani, il grande Domenico Modugno, Aldo Stellita, bassista dei Matia Bazar e un’altra icona della nostra musica, Lucio Battisti. Fanno il loro ingresso in scena, invece, musicisti e cantanti come J-Ax, all’epoca in coppia con DJ Jad, insieme erano gli Articolo 31, e Giorgia, che vince anche un Sanremo con una canzone scritta da Eros Ramazzotti, Come saprei.
Nascono i telegiornali Mediaset e serie tv come Baywatch. E la storia, come sempre, si ripete. Le immagini vecchie e nuove, a questo punto, si accavallano. Dal video di Berlusconi, con l’annuncio della sua discesa in campo, a Salvini che gioca a Il pranzo è servito fino a un giovanissimo Renzi che sfida la buona sorte alla Ruota della fortuna di Mike Bongiorno. Sono in prima fila anche oggi. Come J-Ax, che ha lasciato gli Articolo 31 ma è sempre in testa alle classifiche. Pure al cinema proiettano il remake di Baywatch. A noi non rimane che giocare al Tamagotchi. Si, anche il pulcino virtuale, con i suoi pigolii e le sue necessità, è di nuovo tra di noi, in una nuova versione ispirata all’originale del 1996. Corsi e ricorsi.
L’ultimo decennio del XX secolo viene ricordato con libri, articoli e speciali di radio e televisioni che ripercorrono alcuni momenti decisivi e indimenticabili, nel bene e nel male, di un periodo che ha caratterizzato la nostra società.
Uno dei fattori dominanti è stato certamente lo sviluppo di Internet. La posta elettronica è stata una vera e propria rivoluzione. Ancora oggi l’uso più diffuso del Web è lo scambio di mail. Vi è stata una spinta sociale alla base del successo della Rete. Perché nessuna innovazione tecnologica, come spiegava il grande storico francese Fernand Braudel, riesce a imporsi se non in funzione della spinta sociale che la sostiene.
Il momento della svolta digitale avviene tra il 1995 e il 2000. I siti diventano il naturale prolungamento dei giornali e anche delle televisioni. Il Web rivela le sue potenzialità come strumento di lavoro. Grazie ai database, alle informazioni archiviate in Rete, si ha la possibilità di accedere a una serie di dati come mai era stato possibile fare prima. L’informazione d’archivio diventa materia viva.
Col passare del tempo ci si rende conto che Internet non è un mondo a parte ma un ambiente di comunicazione. Uno strumento prezioso con il quale veicolare informazioni e contenuti di conoscenza. Internet diventa il luogo della relazione, del confronto e dello scontro di ingenti flussi di opinione. L’opinione pubblica diventa l’opinione del pubblico.
Gli Anni Novanta si chiudono con questa profonda trasformazione che segna anche il futuro prossimo venturo.
Vengono stravolti gli schemi tradizionali dell’audience. L’utente, fino a quel momento passivo ricettore di messaggi, oggi ha la possibilità di commentare, replicare, interagire, può mettere in piedi un blog. Ognuno può dialogare sui social, postare filmati su YouTube, esprimere commenti, partecipare alla costruzione delle notizie. Grazie alla tecnologia il pubblico arriva prima dei giornalisti sul luogo di un evento. Perché su quel luogo c’è già. Nel caso di un disastro, ad esempio, un terremoto, un’alluvione o l’incendio di un palazzo, chi è dotato di un telefonino, e lo sono praticamente tutti, registra un video e lo diffonde. In pratica fa informazione. E in questi casi i media tradizionali non possono fare altro che utilizzare le stesse immagini girate dagli utenti per documentare gli avvenimenti.
Il pubblico diventa interattivo, dunque. Il concetto di cultura di massa viene messo in discussione. I nuovi media sono sempre meno mass media e sempre più people media. E la Rete diventa il nuovo luogo d’incontro e di confronto. E’ una delle principali eredità degli Anni Novanta che segna, però, un passaggio delicato. Da una parte la tecnologia ci offre delle opportunità, dall’altra ci coinvolge in un ecosistema dove ci confrontiamo con software e intelligenza artificiale. Con il rischio di essere oltremodo manipolati dai giganti del Web. Dobbiamo essere capaci di saper interagire nel nuovo mondo e saper governare questa rivoluzione che non ha precedenti.