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Quando, alcuni mesi or sono, il mio collega e amico fraterno Fabrizio Falconi mi annunciò il titolo del suo ultimo libro, Le rovine e l’ombra, immediatamente il mio pensiero tornò a un periodo nefasto per la mia provincia, l’Irpinia, devastata dal terribile sisma del 23 novembre 1980. Nei miei occhi cominciarono a scorrere le immagini di case crollate come castelli di sabbia, cumuli di detriti e di polvere, macerie, morte e distruzione. Ci sono voluti anni e anni affinché sia la città capoluogo sia i centri colpiti dal terremoto potessero finalmente rivedere la luce e uscire dall’ombra. E’stato uno dei momenti più bui della mia vita. Lo ricordo come se fosse ieri. L’ho scritto più volte, e lo farò ancora tra un paio di mesi, quando ricorrerà il 37esimo anniversario di quella tragedia.

Il volume di Fabrizio parla della rovina che irrompe nella vita. E ogni rovina nasconde un’ombra. Ma c’è anche la possibilità di uscire dalle grandi macerie delle civiltà e da quelle individuali. Proprio come le macerie di un sisma. Che vengono rimosse, per poi ricostruire. In quel caso ci vuole del tempo, troppo, per riportare la vita nelle zone dove la terra ha tremato. L’attesa è quasi sempre lunga. E l’ombra, scrive Fabrizio nel suo saggio, è un’attesa. Nei labirinti di rovine occorre districarsi, dunque, con coraggio. Anche perché rimuovere l’ombra e far finta di niente, come sottolinea l’autore, non cambia nulla.

Nel saggio, che sto ancora leggendo, c’è un passaggio che coincide con un altro momento di vita, più recente, che mi riguarda. In questi giorni sono alle prese con problemi condominiali. In particolare sto cercando di capire per quale motivo deve essere abbattuto, nel giardino del mio palazzo, un bellissimo pino di circa cinquant’anni. Nella relazione di un perito agrario ho letto che il soggetto arboreo è caratterizzato da anomalie dell’apparato radicale condizionato dalla presenza di numerosi sottoservizi. Questo determina un pericolo per persone e cose nel breve periodo. Non sono un esperto. Però mi insospettisce che a conferire l’incarico al perito sia stata la stessa società che dovrebbe abbattere l’albero. E ho chiesto una riunione urgente dell’assemblea condominiale. Tutto questo nelle stesse ore in cui sto leggendo il libro di Falconi.

Nel capitolo dal titolo Perché l’ombra, Fabrizio scrive: ‘Siamo abituati a pensare agli alberi come produttori di molte cose importanti per noi: l’ossigeno della sintesi clorofilliana, i meravigliosi fiori profumati, il polline per le api, i frutti che allietano la nostra vita. Ma non pensiamo mai che l’ombra è forse ciò che più di prezioso gli alberi producano per la nostra vita. E’ vero, mi sono detto. Quando si dice la coincidenza. E ho interpellato, per la mia questione, due tra i massimi esperti di pini in Italia.

Sono arrivato al capitolo sulla rovina amorosa. Altri due sono dedicati alla rovina personale e a quella del gioco. Tre i capitoli sull’ombra: quella delle cose che non si vedono, quella delle cose che non si dicono e quella delle cose che si perdono. Poi ci sono due capitoli sulla rinascita. E un epilogo, in forma di poesia. Sono arrivato al capitolo sulla rovina amorosa. Il libro mi appassiona, e non vedo l’ora di terminare la sua lettura. E’ molto bello. E Falconi sa scrivere. Ve lo consiglio. A proposito, domani c’è la potatura dell’albero. L’abbattimento, in attesa di una nuova perizia, è stato rinviato di un paio di mesi.

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