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Dopo oltre mezzo secolo la televisione continua a esercitare la sua centralità. Tra i mezzi di comunicazione di massa  rimane la preferita dal pubblico, che in primo luogo sceglie i telegiornali per seguire cosa succede nel mondo. Il piccolo schermo è sempre influente, ma soprattutto, più di ogni altro mezzo, ha la capacità di stabilire cosa è importante, i temi su cui discutere.

Eppure lo sviluppo delle tecnologie sta imprimendo una decisa accelerazione verso un cambiamento del linguaggio televisivo. La tv si trasforma, e con essa i contenuti.  L’offerta di canali è molteplice: digitale terrestre, satellite, cavo telefonico. E internet.

Aumentano i mezzi, i soggetti che partecipano alla formazione e alla produzione delle notizie, i fruitori. Cresce la domanda. Si è innescato un processo che coinvolge tutti i settori della società, immersi in una realtà che non può prescindere dalla tecnologia. Tutto ciò che accade intorno alle persone passa attraverso i segnali che si scompongono in bit, o tramite il doppino telefonico, oppure tramite la rete. Anche libri e giornali, oramai, percorrono le nuove strade digitali fino a giungere sull’Ipad o su altri dispositivi mobili.

Si apre un nuovo mondo. Suoni e colori si sovrappongono, si accavallano, cercano spazio sui media tradizionali, anch’essi in via di trasformazione, ma anche sui monitor dei computer o sui display dei cellulari. Cambia la percezione di quello che si vede.

Emergono nuove tipologie di contenuti e di servizi dedicati agli utenti. Ad una maggiore concorrenza si aggiungono le nuove attitudini al consumo mediale. La quantità di dati in circolazione è in costante aumento. Il progresso tecnologico abbassa i costi di trasmissione consentendo la proliferazione di canali, progetti, blog, video blog, web tv, televisioni aziendali. C’è uno scambio continuo di dati che coinvolge stampa e televisione, radio, libri, telefoni fissi e mobili. Una montagna d’informazione che trova nel web lo spazio ideale, una struttura aperta. Praticamente illimitata. Una dimensione collettiva che non ha confini.

Tutto è cambiato nel volgere di poco tempo. Un salto indietro di qualche anno, quando non c’erano neppure i telefonini: a produrre informazione erano giornali, radio e tv. Nella carta stampata occorrevano: la registrazione della testata in tribunale, un’organizzazione strutturata secondo i canoni classici di una redazione, ingenti capitali e editori disposti a investire nel nome della libertà d’informazione. Editori puri, o in molti casi impuri, consapevoli che un’azienda, soggetto attivo nella fabbrica di notizie, contribuiva alla formazione della pubblica opinione in maniera quasi esclusiva. La comunicazione era indirizzata a una massa di persone.

Con internet, invece, tutti possono conoscere tutto, e in tutte le lingue. Cambia la dimensione dello spazio e del tempo. Una notizia pubblicata su un giornale o trasmessa alla tv può essere letta o vista ogni volta che si vuole. Il web diventa un enorme archivio dove è possibile attingere in qualsiasi momento e in ogni posto. Si possono consultare siti, o leggere il giornale digitale preferito, oppure vedere contenuti audiovisivi in lingua italiana, a Parigi come a New York oppure a Sidney o a Tokio.

Ma la più grande novità è creare e scambiare contenuti. Il sistema comunicativo definito di tipo verticale diventa di tipo orizzontale. I costi sono abbattuti. La tecnologia consente a chiunque di realizzare il proprio web giornale, un blog o una web tv. Basta un computer e un collegamento alla rete. Per le immagini potrebbero bastare i telefonini, sempre più sofisticati, capaci di realizzare video in alta definizione. Anche i prezzi delle videocamere sono calati.

Il modo di concepire la comunicazione cambia completamente. Si parla sempre più spesso di innovazione, non solo tecnologica. I produttori di notizie non sono alla continua ricerca dello scoop e con il passare del tempo verrà meno anche la logica dello share a tutti i costi. Il valore di una news è dettato dalla qualità con cui essa viene confezionata e proposta al pubblico. Che a sua volta interagisce con il giornale o con la televisione per esprimere la propria opinione.

Vecchi e nuovi media convivono, si mescolano, si servono a vicenda gli uni degli altri in un processo di trasformazione che giorno dopo giorno scopre spunti diversi.

Il pubblico dei lettori cresce, in maniera inversamente proporzionale al numero di copie vendute. Aumentano i telespettatori. Che hanno l’opportunità di scegliere tra digitale terrestre, satellite, web tv o IpTv. Mentre i nuovi strumenti diventano sempre più familiari. Le informazioni si cercano e si condividono. Anche quelle di nicchia.

Il concetto di coda lunga, la teoria sostenuta da Chris Anderson secondo cui con le tecnologie aumentano gli spazi e la scelta dei prodotti, introduce un nuovo modello che si sostituisce ai grandi mercati di massa. E’ un modo per far emergere notizie mai trattate dalla stampa.

In questo nuovo ecosistema il giornalismo, anche quello televisivo, può migliorare. Non tutti quelli che scrivono blog o che dialogano nei social network sono giornalisti. Forse qualcuno lo diventerà. La professione giornalistica, invece, proprio grazie alle tecnologie, avrà l’opportunità di riaffermare la propria qualità.

Conoscenze e competenze, unite all’utilizzo dei mezzi a disposizione, potrebbero rendere il giornalista più libero, capace di avere una diversa visione del mondo, dei fatti e degli avvenimenti sui quali occorre informare, nel modo più completo, il pubblico. Che a sua volta sarà coinvolto in una sorta di agorà interattivo, dove ognuno offrirà il proprio contributo.

 

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