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In politica non ci sono regole. E la tecnologia, da questo punto di vista, non aiuta. Lo dimostrano l’ultima assemblea del Pd e i tweet del presidente degli Stati Uniti. Tutti sappiamo che l’ex premier italiano è molto bravo con i social. Deve anche a loro la sua scalata come rottamatore. Eppure, nonostante gli strumenti a disposizione che certamente hanno favorito l’interazione, non è riuscito a evitare il risultato del referendum costituzionale e le divisioni all’interno del suo partito.

Per non parlare di Trump e dei suoi cinguettii. Oggi ancora più devastanti rispetto a una campagna elettorale dai toni a dir poco accesi. Eppure, in questo caso, il tycoon è riuscito a farsi eleggere ed è diventato l’uomo più potente del mondo. Salvo poi a provocare, una volta arrivato alla Casa Bianca, proteste e sentenze giudiziarie nei confronti di alcune sue iniziative.

La tesi è che le tecnologie consentono la condivisione e la partecipazione, ma in politica, e non solo, il dialogo è tutta un’altra storia. Ne parla Sherry Turkle, docente di Sociologia della scienza e della tecnologia al MIT di Boston in un bel libro dal titolo La conversazione necessaria. Lo studioso sostiene che le relazioni oggi sono più difficili e carenti. I nuovi mezzi a disposizione, web e social, impongono nuovi modi di pensare e di esprimersi. Ma l’agorà della rete penalizza il confronto vero, il faccia a faccia, insomma la realtà. Dietro lo schermo di un pc aumenta la sicurezza: meglio un sms che una telefonata. Ma è solo un inganno.

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