Guerra e inquinamento, clima, allarme energetico, pandemia. Forse non avevamo mai registrato tante crisi tutte insieme. Nulla è rassicurante in questo periodo storico della nostra vita. Scienziati e ingegneri si danno da fare e preparano il terreno per un mondo migliore, ma gli eventi ci mettono a dura prova. Da una parte il progresso, dall’altro la paura per il futuro e la sensazione che da un momento all’altro possa crollare tutto. I timori di un conflitto atomico alimentano angosce e preoccupazioni. Si avverte un senso di vuoto, viene meno ogni certezza. Se durante il Covid c’eravamo rifugiati nella rete, oggi pensiamo ad altri tipi di rifugio per evitare la contaminazione da eventuali radiazioni nucleari. La follia dell’uomo ci ha riportati indietro di almeno ottant’anni. E non bastano storia ed esperienze per evitare il peggio. Siamo in piena tempesta. Anche in rete navighiamo a vista. Non ci fidiamo più gli uni degli altri. È uno scontro continuo.
Le nuove generazioni sono sensibili ai temi dei diritti, dell’ambiente, della giustizia. Ma non si fa nulla per ritrovare il valore dell’essere e superare il disorientamento e la vulnerabilità provocati anche dalle tensioni internazionali, dal clima sempre di più impazzito e dalle diseguaglianze sociali. La scala delle priorità sta subendo continui scossoni. È un effetto del declino di questo tempo, perché di declino si tratta. Forse è una prova generale in vista di un futuro dove sarà la tecnologia a prevalere. Ma ridisegnare il pianeta non significa ridefinire i confini per allargare il proprio potere nel segno di un nuovo ordine mondiale. La logica dello sviluppo tecnologico va proprio nella direzione opposta. E allora occorre aprire gli occhi, senza rassegnarsi, nonostante tutto.
NELL’IMMAGINE: Giorgio de Chirico, Ettore e Andromaca, 1924, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea