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È cambiata la geografia del lavoro, tra tecnologia, cultura digitale e mercati. Quello che manca è una visione sociale capace di coniugare le esigenze della popolazione con un mondo in continua trasformazione. Da questo punto di vista la società non cammina di pari passo con lo sviluppo tecnologico. Gli Stati sono sempre alle prese con questioni politiche che riguardano più la gestione del potere che il benessere di un Paese, tra disoccupazione, disastri climatici, periferie abbandonate e squilibri economici. Rimangono grandi differenze tra territori che la crisi sanitaria, con la pandemia, ha addirittura aggravato. Le politiche dei governi non si sono adeguate alla crescita economica legata all’innovazione industriale. Restano le disuguaglianze, non cambia la percentuale di reddito di chi è più povero e la distribuzione globale del benessere assieme ai benefici di un pianeta digitalizzato non valgono per tutti. E il mancato sviluppo socioeconomico genera violenze, malattie e distruzione dell’ambiente. A questo proposito, già da troppo tempo è scattato il codice rosso.

Nonostante le iniziative e i movimenti che in questi anni si sono occupati della salute del nostro pianeta, i livelli di Co2 continuano a crescere. Il riscaldamento globale è un argomento posto in primo piano nei programmi della politica, ma le soluzioni fino ad oggi non sono state soddisfacenti. Eppure basterebbe una maggiore determinazione da parte delle amministrazioni pubbliche per evitare danni irreparabili. Ad esempio, la riqualificazione dei quartieri con la realizzazione di parchi pubblici e la produzione di energia attraverso elementi naturali come il sole, il vento e l’acqua. Semplice a dirsi ma difficile a farsi. Gli esempi non mancano, e i progetti di smart city in questi ultimi anni si sono moltiplicati. Ma non basta. Neppure l’idea di trasferirsi dalle grandi città alle campagne può essere considerata vincente. Chi ha avuto la possibilità, durante il lockdown, grazie anche alla possibilità di lavorare in smartworking, non ha contribuito a migliorare l’impatto sull’ambiente. Basti pensare ai maggiori consumi, come quelli per gli spostamenti in auto. Forse è meglio fare il contrario, ovvero migliorare la vivibilità delle nostre città con spazi verdi e con un utilizzo più attento delle auto per la mobilità.

In assenza di interventi le nostre metropoli saranno sempre più calde. La media delle temperature può arrivare a oltre 30 gradi per tre mesi all’anno. (Rapporto Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in sei città italiane. Cmcc, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) E il livello dell’acqua continuerà ad alzarsi. Per evitare impatti ambientali ed economici, oltre alle aree verdi e impermeabili occorreranno progetti di edilizia diversi e più sostenibili. Fino a quando non ci si occuperà seriamente di queste tematiche, anche con maggiori investimenti, non basteranno le rivoluzioni tecnologiche a cambiare il mondo.

 

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