Un blackout della Rete. Senza Internet per un’ora circa. E sembrava la fine del mondo. Sul Web si sono accavallate voci preoccupanti e per nulla senza fondamento. Alle dieci di mattina eravamo tutti disorientati e impauriti. Nel panico. La causa del crollo, forse, dovuta a un guasto, un problema tecnico di Fastly, azienda americana che mette a disposizione le Content delivery network, Cdn, reti di server che consentono una distribuzione veloce dei contenuti. Ma sui siti, quando è stato possibile vederli, si era parlato di un attacco cyber di portata mondiale.
Nelle stesse ore l’Fbi, in collaborazione con una serie di agenzie investigative come Europol, smantellava una organizzazione utilizzata da malviventi per scopi non precisati. Dunque, un attacco da parte degli hacker era anche plausibile. Per giunta in un momento particolarmente difficile per gli equilibri internazionali, con i Paesi di tutto il pianeta ancora alle prese con la pandemia. E con giganti come Cnn, Twitch, Guardian, Amazon, Hulu, Reddit, Shopify, Bbc, Vimeo e PayPal irrangiungibili per un tempo piuttosto lungo. Ma non è questa la cosa più importante. Piuttosto, di fronte alla debacle della Rete, ci siamo sentiti tutti, ancora una volta, confusi, deboli, destabilizzati, vulnerabili.
La paura di rimanere senza Internet si è ripetuta ancora una volta. 4 ottobre 2021. il mondo si è fermato di nuovo alle 17 e 30 circa.
Sul telefonino la rotellina ha cominciato a girare proprio mentre stavo per mandare un messaggino sulla chat dei colleghi. Oramai utilizziamo WhatsApp per lavoro. Ci scriviamo a tutte le ore: comunichiamo ordini di servizio, appuntamenti, scadenze. Nel rendermi conto che nessuno leggeva quello che avevo scritto mi sono sentito perso. Come se all’improvviso non interessasse più nulla di quello che dicevo o che si doveva fare. Attorno solo il buio e il silenzio. Si sono bloccati insieme WhatsApp, Messenger e i social più frequentati, Facebook e Instagram. Insomma il pianeta Zuckerberg è andato in tilt. Un blackout lungo quasi sette ore. Un’eternità. Funzionava Twitter, ma non è bastato a consolare 3 miliardi e mezzo di persone disorientate e impaurite per l’interruzione dei loro dispositivi con i siti di Menlo Park. Un guasto che ha gettato nel panico lo stesso colosso del Web, Zuckerberg, e i manager del gruppo. Poi tutti a chiedere scusa, e a calcolare i danni per quello che stava succedendo. Ma a provocare il disagio più forte è stata la consapevolezza di quanto potesse essere potente la presenza di queste piattaforme nella vita di tanti individui che all’improvviso hanno avuto la percezione di non avere le difese immunitarie necessarie per sopravvivere al blackout digitale. E così, dai timori per i pericoli del Covid, siamo passati, anche se solo per qualche ora, alla paura per il virus tecnologico.