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Siamo tutti mascherati, col viso coperto e gli sguardi nascosti. Non abbiamo espressioni. Per poter comunicare con il corpo dobbiamo fare ricorso solo alla postura. Ma anche quella, sempre per colpa delle maschere, è penalizzata. E non è vero che una maschera dice più di ogni altra cosa. Si, ci sono quelle colorate: rosse, azzurre, blu a pois, ma sono tonalità false, posticce, che nascondono il nostro vero stato d’animo. Diciamo che ci sentiamo soli, che ci manca qualcosa. Eppure prima della pandemia in molti già si nascondevano dietro un nickname, una sigla, dietro la foto di un paesaggio o di un personaggio famoso. Per non rivelare la vera identità e darsi un nuovo ruolo. Tutta colpa dei social, della Rete, dove siamo rimasti impigliati prima e durante il lockdown.
Maschere, per raccontare quello che non siamo, per recitare senza essere visti dal pubblico, per insultare, per commentare senza freni. Per amare in Rete, perchè forse nella vita reale non è possibile. Mascherati, per poter gridare al mondo quello che ci pare, per sputare sentenze, per sbeffeggiare il potere, per dire a chi non ci riconosce che è inutile contraddirci. Perché risponderemo sempre, colpo su colpo, senza la paura di essere riconosciuti.
Esplorare il mondo nel bel mezzo della pandemia non è poi tanto diverso da prima. Abbiamo timori per il futuro, non vediamo prospettive, ma abbiamo le maschere. Siamo interpreti di un’umanità che si è adattata alle tecnologie. Ma forse non sono state quelle tecnologie a trasformarci. Anzi, siamo noi ad averle cercate a tutti i costi per avere uno strumento utile ad affrontare le trasformazioni della società. Ma non avevamo fatto i conti su come ci saremmo rapportati con il mondo esterno così come stiamo facendo.

Alla fine, abbiamo capito che su Internet non serve metterci la faccia. E’ vero, siamo supercontrollati, gli algoritmi pensano al posto nostro, ma poco importa. Ci piace così. Ci piace sparlare e raccontare le nostre verità. Ci illudiamo, credendo di insinuare dubbi sul reale attraverso la rappresentazione del reale stesso. Proprio come Rene Magritte, dal quale abbiamo preso spunto per l’immagine che accompagna questo testo. Lo facciamo perché ci nascondiamo dietro la Rete. Inganniamo gli altri, ma in fondo inganniamo anche noi stessi. Tuttavia lo facciamo, perché no? Ci rifugiamo sul web come si fa dietro a una maschera. Ci vestiamo da Carnival, cantava Vecchioni. Ci trucchiamo da Carnival, finché val.
NELL’IMMAGINE: L’uomo con la mascherina (rifacimento del dipinto L’uomo con la bombetta di Rene Magritte)

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