La luna giocava a nascondino tra le nuvole mentre Giancarlo guardava con gli occhi persi i tetti delle case. La città dormiva, lui no. Da quando aveva superato la cinquantina abbondante non riusciva a prendere sonno tanto facilmente. A volte si addormentava davanti al mega schermo del soggiorno, ma solo per pochi minuti. Poi si risvegliava ed erano dolori. Nel senso che non riusciva più a chiudere le palpebre. Inarcava le sopracciglia e si domandava perché a vent’anni bastava poco per farsi sfiorare da un mazzo di papaveri1, attraversando in lungo e in largo quelli che poteva tranquillamente definire i migliori sogni della sua vita. Il segno del tempo che era volato via come uno schioccare di dita. Ma non solo. Perché da allora era passata molta acqua sotto i ponti, ma erano anche cambiate tante, tantissime cose.
1Morfeo sfiorava con un mazzo di papaveri le palpebre degli uomini addormentati, offrendo l’illusione di vivere in un mondo parallelo, fatto di figure realistiche. Ma erano sogni.
NELLA FOTO: Sabaudia al tramonto