Come si cambia. Anche il gioco. Anche la Lotteria Italia. Per anni è stata un evento, atteso tutto l’anno, nella speranza che uno di noi, il più fortunato, potesse diventare un supermilionario. Eravamo tutti incollati davanti al televisore, la sera del 6 gennaio, per guardare Canzonissima o Fantastico o Carramba o, in tempi più recenti, la Prova del cuoco. E non vedevamo l’ora che il noto conduttore si collegasse con il Comitato Generale per i Giochi dove si estraevano i biglietti vincenti. Nel corso degli anni l’interesse è andato via via scemando. E ora le cronache parlano di un tonfo nelle vendite dei biglietti: meno 30 per cento rispetto al concorso precedente, con un mancato introito per le casse dello Stato di circa 5 miliardi di euro. Ma sono molti di più se si considera che già da tempo si era registrato un forte calo nella vendita dei tagliandi. La Lotteria Italia, del resto, è l’ultima ancora in vigore. Fino agli anni novanta, invece, si contavano ben tredici lotterie nazionali.
Ne è passata acqua sotto i ponti da quel lontano 1957, quando per diventare ricchi bastavano 500 lire, e il primo premio era di 100 milioni. Oggi le cose sono, appunto, cambiate. Come gli interessi, e le aspettative.
Parlando di gioco mi vengono in mente quelli che facevamo da ragazzi. Dei giochi di cortile ne ho abbondantemente scritto nel mio libro libro Il Mondo Senza Internet e su questo blog. Ma quando dovevamo restare in casa, perché pioveva o per una questione di orari, ci divertivamo con il Monopoli, lo Scarabeo, il Risiko, il Cluedo. Titoli che rimbalzano nella memoria, come il Gioco dell’Oca, il Trivial Puruit. Ma anche i giochi delle scatole Clementoni. Le più famose le ho ancora in cantina. Una su tutte, Silvan. Poi c’erano il Rischiatutto, Bis, Flash, Il Pranzo è servito, l’Eredità, Avanti un altro, Indovina chi?, fino alle più recenti Lupus in Tabula e Il gioco dei Pacchi. Nomi familiari, come quelli di popolari trasmissioni televisive.
E che dire delle carte? Dal Poker al Tressette, passando per la Briscola e il Sette e Mezzo. Le carte, in verità, sono inossidabili. Non tramontano mai, come la Dama e il Gioco degli Scacchi. E se una delle serie più viste di questi ultimi mesi si intitola La Regina degli Scacchi, un motivo ci deve pur essere. Abbiamo ancora bisogno di giocare. Lo afferma in una intervista lo scrittore inglese per ragazzi Michael Rosen, reduce dalla battaglia contro il Covid. Il nostro lato ludico, dice, ci salverà sempre. Sono pienamente d’accordo.
Foto di Rayan Wallace