Riconquistare il tempo perduto dal momento in cui Internet ha preso il sopravvento su tutti noi. Non è una cosa semplice, ma vale la pena tentarci. Iniziamo col dire che con il progresso tecnologico la percezione dello spazio e del tempo è cambiata. E con la Rete ancora di più. Nel momento in cui accendiamo il pc e ci colleghiamo a Internet il tempo acquista maggiore velocità. Passiamo da un’informazione all’altra in pochissimi secondi. Anche quando consultiamo un motore di ricerca il risultato arriva praticamente subito. E subito andiamo a verificare cosa ci viene proposto. Ma la percezione cambia a seconda della funzionalità del computer e della velocità del collegamento. Se sul monitor non si apre la pagina e appare la clessidra o il cerchietto che gira di continuo, sembra che il tempo si sia fermato.
La tecnologia ci aveva già abituato a una visione condizionata del tempo. Quando andiamo al cinema o guardiamo la televisione i montaggi dei film o dei servizi televisivi hanno ritmi elevati. Tagli veloci tra un’immagine e l’altra, riprese da varie angolazioni, dissolvenze. Il romanzo che viene letto in una settimana nella trasposizione cinematografica dura poco meno di due ore. Un evento di cronaca al telegiornale viene raccontato in una manciata di minuti. Nei talk l’approfondimento richiede più tempo, ma dopo un’ora o poco più l’argomento viene sviscerato in tutti i suoi aspetti. Cinema e televisione trasformano tutto e la visione di quello che ci appare sul piccolo e sul grande schermo è manipolata dalla tecnologia. Prendiamo una partita di calcio e proviamo a fare le differenze: allo stadio viviamo l’atmosfera della gara sportiva, il suono che arriva alle nostre orecchie è reale e le azioni di gioco devono essere seguite anche con il movimento del corpo. Si muove la testa a destra e a sinistra per non perdere la traiettoria del pallone. In questo caso entra in campo anche la fisica, ma questo è un altro discorso. Davanti alla tv non abbiamo bisogno di spostare lo sguardo. Fanno tutto le telecamere. La regia ci propone una serie di inquadrature, primi piani, totali, immagini rallentate, replay. E c’è un giornalista che commenta la gara. È una realtà modificata, suono compreso. La rappresentazione dell’evento è una messa in scena con attori, registi, tecnici. Le immagini della diretta, per effetto del satellite, arrivano anche con qualche secondo di ritardo sui nostri schermi. Sul monitor del pc, in streaming, il ritardo aumenta.
C’è un interessante film, Prospettive di un delitto, nel quale il capo di Stato americano, durante il discorso presidenziale, viene colpito e ferito. I fatti accaduti vengono ricostruiti attraverso i punti di vista delle vittime e degli autori dell’attentato. Otto punti di vista che diventano otto storie differenti. La pellicola mette in gioco memoria, passato, presente, regole televisive e cinematografiche. È un thriller che tiene conto della tecnologia e delle tecniche cognitive che essa impone. La realtà, come diremo anche più avanti, è quella che appare negli occhi di chi sta guardando. I sistemi di comunicazione modificano il nostro ambiente, le cose ci appaiono più vicine o più lontane, i contatti aumentano con le connessioni, con gli scambi, con l’interazione. Internet viene considerata un’estensione dei sensi dove l’intelligenza diventa collettiva e connettiva . La mente si appropria di elementi altrui, di strumenti esterni che diventano comuni. Tutto viene immagazzinato, amplificato, velocizzato. Cambia anche il concetto del sapere. Se ci sfugge qualcosa c’è sempre Google a darci una mano. È una velocizzazione del pensiero che tuttavia, come abbiamo visto, può trarci in inganno e soprattutto può avere effetti meno positivi sul cervello. Le opinioni, in questo senso, sono contrastanti. Ancora oggi gli intellettuali si dividono tra apocalittici e integrati . Da un lato c’è chi sostiene che le tecnologie diano l’opportunità di volgere lo sguardo verso il futuro con maggiore sicurezza in un processo partecipativo e democratico. Dall’altro c’è chi annuncia la fine della libertà individuale in un mediamondo che presenta una versione diversa rispetto alla realtà, dove il rischio è quello di una comunicazione in cui i mezzi utilizzati per diffondere le informazioni acquistano una tale importanza da annullare il valore di ciò che veicolano .
Con la Rete e le tecnologie cambia, come abbiamo visto, la percezione del tempo. Ma cambia anche la sua gestione. Oggi dedichiamo molte ore della nostra giornata a Internet. Forse troppe rispetto al necessario. Il rapporto dell’uomo con il tempo è sempre stato mediato dalla tecnologia, a cominciare dalla sua misurazione. E passare molto tempo davanti allo schermo di un televisore o al monitor di un pc o al display di un telefonino o di un tablet, rispetto a quello impiegato per le proprie riflessioni, rappresenta un tema importante da affrontare in tempi brevi, appunto. Il tempo è una convenzione, è una invenzione dell’uomo per calcolare il passaggio delle stagioni e regolare il lavoro degli agricoltori per la coltivazione della terra. I primi a realizzare un sistema numerico per il calcolo dei giorni, dei minuti e dei secondi furono sacerdoti e astronomi dell’Egitto e dell’Assiria. Ma gli strumenti di misurazione arrivarono 1500 anni dopo con gli orologi solari, quelli che conosciamo come meridiane, dove uno stilo, detto gnomone, proietta la sua ombra indicando l’ora solare. Poi fu la volta dell’orologio ad acqua e dell’orologio meccanico. Quest’ultimo fu inventato in Europa verso il 1200 dopo Cristo.
Il primo cambiamento della percezione del tempo si è avuto con il passaggio dalla società agricola a quella industriale, dove il trascorrere delle ore era messo in relazione alla produzione. Oggi, nella società dell’informazione, le cose stanno di nuovo cambiando. La proprietà del tempo è meno rigida. E anche il tempo libero, in precedenza gestito dalle fabbriche e condizionato dalle ore produttive, acquista un significato diverso. Nella società industriale il senso del dovere faceva mettere al primo posto il lavoro. Oggi dovremmo avere una maggiore attenzione nei confronti del tempo libero, ma le difficoltà per gestirlo non sono poche. Senza contare che con l’avvento dei robot ci saranno nuove trasformazioni e anche il tempo a nostra disposizione sarà più lungo. Ma di questo parleremo più avanti. Una domanda, però, possiamo già porcela: che cosa faremo del nostro tempo? Maria-Therese Hoppe prospetta una società dei sogni dove le storie, i sentimenti e i sogni saranno la più importante zona di lavoro.
Tratto da “Il Mondo senza Internet. Connessioni e ossessioni. Dallo scandalo Facebook alla quiete digitale“, di Antonio Pascotto, Edizioni Male, Roma, 2019.
IMMAGINE DI COPERTINA: Caravaggio, Ragazzo morso da un ramarro, 1595-1596, Fondazione Longhi
Tutto maledettamente “vero” ma altrettanto indispensabile.
Non seguire il “passo” significherebbe regredire con velocità esattamente proporzionali alla velocità esponenziale dei cambiamenti.
Mi prenoto per la prossima puntata…