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Nel giorno di Downton Abbey e di Bill Murray, ma anche di Wes Anderson e Peter Cattaneo, facciamo un’incursione sul red carpet della Festa del Cinema di Roma. E così un tranquillo sabato sera si trasforma in un gioco surreale dove alcuni personaggi più o meno noti sfilano sotto i riflettori montati sulla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica tra flash, riprese televisive e selfie.

 

 

 

Ci materializziamo in una realtà che diventa tale solo quando viene esibita. Perché non è importante essere, ma richiamare l’interesse. C’è la signora che vuole scattare a tutti i costi un selfie con un’attrice di cui non conosce nemmeno il nome, e chi ha portato da casa il dvd di Full Monthy per farselo firmare da Peter Cattaneo, che firmò la regia del film. Quello nuovo si chiama Military Wives, ma non lo sa nessuno, neppure i suoi fans. E’ la storia di un gruppo di mogli di militari in Afghanistan che formano un coro. Per distrarsi. E noi ci distraiamo alla grande tra le luci del fantastico mondo del cinema, dove tutto quello che è irreale diventa vero.

 

 

 

Nell’era del virtuale la realtà scompare e diviene il suo contrario. Col nostro smartphone navighiamo sul filo di due mondi. Il cogito ergo sum di cartesiana memoria si trasforma in digito ergo sum. Posto, dunque sono. Siamo reali in un pianeta liquido, dove l’assenza del corpo riflette l’identità che vogliamo. E’ un gioco di specchi. A Roma il film più atteso, The Irishman, di Martin Scorsese, è stato girato per la tv. Mentre Downton Abbey, ispirato alla serie televisiva, è stato girato per il cinema. C’è tutto e il suo contrario, come sui social, dove per una sera siamo anche noi protagonisti del red carpet.

 

 

 

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